10 criptiche risposte a [mini]marketing

Rispondo ai 10 criptici pensierini su blogger, influencer, advertising, aziende, pagamenti, baratti di [mini]marketing.

Se vieni pagato per fare qualcosa, sei dipendente o consulente, mai indipendente. Come lo sarà il tuo giudizio sulla cosa, anche agli occhi degli altri. Quindi: se parli di (diffondi in giro) qualcosa in cambio di qualcosa, questo rientra nel baratto, e giuridicamente nei contratti commerciali.

Se io chiamo un idraulico per riparare un rubinetto non diventa mio dipendente né consulente, rimane indipendente, libero delle sue scelte e libero io di chiamarlo anche per l’intervento successivo come di non chiamarlo.

Se scrivi sul tuo blog cose che non scriveresti se non fossi pagato (o barattato), stai facendo advertising — nel posto sbagliato. Corollario: e il tuo committente sta comprando pubblicità, non contenuti, e se è intelligente, dovrebbe pagarti a CPM o CPC.

Non è questo il mio caso, perché prima di accettare di scrivere di qualche prodotto penso se è un argomento che i miei lettori abituali si aspettano. Ho rifiutato post a pagamento di giochi d’azzardo, auto, orologi. Banalmente perché non ho né l’interesse né la competenza di scriverne, soprattutto senza provare il prodotto. Corollario: se io compro lo spazio pubblicitario sul volantino della sagra paesana non ho informazioni attendibili riguardo al CPM.

Corollario del corollario: stai trasmettendo spot alla tua audience, non contenuti. E si noterà. Se scrivi davvero per i tuoi lettori (o i tuoi amici e contatti), dovresti mostrare anche il lato negativo dell’esperienza, anche se all’azienda non piacerà.

Sempre scritto, sia io che gli altri autori di questo blog. (che sia per questo che le offerte di prodotti in prova si sono così diradate nel tempo?)

Se invece ai tuoi lettori questo non interessa, i tuoi lettori sono probabilmente tuoi colleghi, non veri utenti del servizio/prodotto che recensisci.

Non ho capito molto, ma se ho capito è il classico discorso del segnale/rumore. Finché quello che scriverai di tua spontanea volontà sarà abbastanza a farmi accettare le markette allora continuerò a seguirti, quando cesserà questo interesse me ne andrò. Sta all’autore del blog scegliere quando fermarsi.

Questo gioco funziona finché il committente non misura i risultati concreti.

Su questo posso concordare, ma i risultati da misurare sono tanti e tali che un’informazione completa non sarà mai ottenibile.

Se pensi prima agli inserzionisti che ai tuoi lettori, allora sei poco più di un volantino o di un uomo sandwich.

Come dicevo prima, penso prima se ai miei lettori potrebbe interessare ciò che ha da dire l’inserzionista.

Se invece lo scrivi nei canali del committente, sei un copywriter (a baratto)

Se lo scrivi come commento al blog/pagina FB del marchio? Più che un copywriter mi sembreresti la claque.

Se usi un servizio gratuitamente in cambio di una promessa vaga di scriverne in futuro, sei un tipo di giornalista molto diffuso.

Dove sta il male se ti viene offerto un prodotto/servizio senza l’obbligo di scriverne? Non è lo stesso prinicio dei servizi freemium?

Esiste qualcuno che può fregare Google. Ma non sei tu.

Anche questa non l’ho capita, oggi sono di coccio.

Quando tutto diventa format, la concorrenza è sul prezzo. Quando la concorrenza è elevata, il prezzo tende a zero.

Sarà un problema solo per il blogger che vuole campare di markette. Aumenterà il rumore e perderà il pubblico… un po’ come i siti dei grandi quotidiani.

Il ballo bello del bollo bullo.

Bello fino ad un certo punto, ma ci stava il gioco di parole.

Grazie al cielo domenica era proprio domenica e non era un altro giorno della settimana. Perché altrimenti avrei pagato il bollo dell’auto in ritardo visto che me ne ero completamente dimenticato e mi sono salvato in corner grazie a PiccoloImprenditore che però è stato più tempestivo di Gaspar qualche anno fa.

Corro subito sul sito apposito dell’ACI pensando di essere in ritardo e scopro invece con mia somma felicità che oggi era ancora un giorno valido.

Il bollo da pagare per un auto monovalente (serbatoio della benzina non superiore a 15 litri) a metano è ¼ di quello normale per non so quale normativa ecologica. Vale a dire meno di 50 Euro per un anno.

Stampo la pagina per comodità e vado dal tabaccaio qui vicino il quale inserisce la targa e subito ne esce l’importo, di quasi 200 Euro!

Ok, visto che non pagherò mai più il bollo alle poste per vecchie disavventure, torno a pensare all’ACI ed al loro magnifico sistema di pagamento online.

Dell’auto sa già ovviamente tutto (oddio, ovviamente, non lo darei per scontato visto che anche il terminale del tabaccaio doveva sapere tutti i medesimi dati) quindi inserisco i dati personali, arrivo nel gateway della carta di credito e pago. Sul sito non mi compare più nulla però contestualmente mi arriva una mail che mi comunica l’effettuato pagamento. Dopo un po’ mi arriva un’altra mail, dall’ACI, che invece dice che non hanno ricevuto il pagamento (riportando gli estremi del pagamento compreso il codice della quietanza!) e di ripetere il tutto.

Ripeto tutto, sembra che vada meglio, mi arriva di nuovo la mail di conferma della transazione dal gateway quando il browser dovrebbe farmi rivedere il sito dell’ACI che risponde con un magnifico errore 500.

Nessuna altra mail, nessuna altra pagina, se arriva domani devo pagare per il ritardato pagamento.

Torno dal tabaccaio nel caso i loro dati nel frattempo si siano correttamente aggiornati, nulla, ancora 200 euro scarsi.

Prendo l’auto per andare all’ACI a 3 km da qui, arrivo alla prima rotonda ed una mail mi giunge al telefono con oggetto: “Conferma effettuazione pagamento con il servizio BolloNet.” Torno alla base.

Per chi su internet ci naviga e ci lavora tutti i giorni da oltre 15 anni la scelta del web dovrebbe essere la prima, la più naturale. Invece ogni volta quando si tratta di lavorare con un ente pubblico o assimilati è sempre un’avventura, sempre la paura di essere riusciti alla fine ad aver fatto ciò che si era obbligati (in forza di legge o di monopolio) a fare.

Tutto è bene quel che finisce bene. Ma se finisse prima e meglio? Queste cose non sono alla fin fine una tassa occulta in termini di tempo perso e stress guadagnato?

Anche i blogger mangiano.

Parto da questo post di Domitilla per fare un ragionamento rapido rapido (per però non sta in un tweet).

Parafrasando un po’ una soap di tanto tempo fa dico appunto: anche i blogger mangiano. È un difetto proprio del genere umano quello di aver bisogno di mangiare.

Quindi a questo punto si devono dividere i blogger in tre categorie:

  1. Quelli che dalla loro attività di blogger devono mangiare;
  2. Quelli che, pur avendo un altro lavoro primario, usano l’attività di blogger per mangiare di più;
  3. Quelli che invece non hanno alcun bisogno di bloggare per soldi, non importa se lo fanno per sport o per promuoversi nella propria attività principale.

Ebbene, sapendo che è estremamente facile scoprire chi gioca in modo non del tutto chiaro, io continuo a ritenere che ogni blog è libero di scrivere ciò che crede, anche di ospitare a pagamento post scritti da altre aziende senza comunicarlo. Ad esempio se su un certo numero di blog iniziano a comparire post scritti con uno stile diverso dal solito si può facilmente ritenere che ci sia dietro un’operazione economica. A questo punto sta a noi valutare la credibilità del blogger eventualmente anche rimuovendolo dalle nostre fonti abituali.

Per quanto mi riguarda non ho mai pubblicato a mio nome post scritti da terzi ed ho sempre segnalato adeguatamente i post, comunque integralmente farina del mio sacco e che ritenevo potessero essere interessanti per il mio pubblico abituale.

Ed i soldi, a parte una piccola cifra che è andata in beneficenza ed una ben più grande che è servita a difendermi da una minaccia di denuncia per diffamazione, sono rimasti nelle mie tasche.

Sentitevi liberi di non leggermi più, ma per carità non solleviamo la questione morale ogni santa volta come se chi viene pagato sia brutto e cattivo mentre chi non viene pagato ma magari ricava dal suo blog, usato come strumento di autopromozione, molto di più.

Il re è nudo, e se per questo ci stracciamo le vesti rimaniamo nudi anche noi.

Economia sanitaria.

Questa mattina, dovendo passare parecchio tempo in una sala d’attesa, ho avuto un colpo di genio.

Sappiamo tutti che ci sono medici liberi professionisti che hanno qualche remora, quasi fosse una violazione del giuramento di Ippocrate, a rilasciare la fattura al termine delle proprie prestazioni.

Per contro il servizio sanitario nazionale ha difficoltà a smaltire le lunghe liste d’attesa di coloro che preferiscono (o non possono fare altro che) rivolgersi al servizio pubblico.

L’idea geniale è questa: un medico che in un mese fattura solo 10-20 visite significa che ha qualche difficoltà a trovare pazienti, che ha una un’agenda piuttosto vuota. Si può dunque venirgli incontro, affidandogli (ovviamente a tariffe standard) i pazienti che il SSN non riesce a soddisfare internamente.

Alla fine di ogni mese il medico comunicherà quante visite ha eseguito in libera professione, in base a parametri standard l’ASL calcolerà quante ne avrebbe ragionevolmente potute eseguire e, sempre con questi parametri, inizierà a riempirgli l’agenda di appuntamenti tramite il CUP fino al 90% (per consentirgli comunque di crescere in libera professione) del tempo libero.

I medici che effettivamente avevano poco lavoro avranno modo di integrare il reddito e di farsi conoscere professionalmente (una sorta di Groupon sanitario), al contrario i medici che facevano i furbi dovranno scegliere se prendere i pochi dallo stato in regola o smettere di accettare clienti neropaganti e fatturare tutto dimostrando il reale riempimento dell’agenda e del portafogli.

Voi cosa ne pensate? E’ fattibile?

China is the answer.

Cercavo una custodia per il mio iPad 1, una semplice, che si apre a libro.

Giro tutta Lugo senza trovare nulla (se ho saltato qualcuno che ce l’ha me lo faccia sapere nei commenti che andrò sicuramente a fargli visita). Ad un certo punto un commesso mi dice:

Ma l’iPad 1 è antico!

Al che io ho bellamente detto che non è che potessi cambiare iPad solo per una custodia e me ne sono andato.

Poi ho pensato che il mio marsupio, di buona marca, comprato in un negozio centrale in località turistica, aveva iniziato da subito a sbrandellarsi e che ora non ne poteva più.

Così ho inforcato la bici, sono andato dai cinesi e mi sono preso un borsello che potesse tenere iPad e contenuto del marsupio.

Spesa 7,90 € contando che duri almeno fino all’arrivo della copertina a libro da 11 € ordinata in Cina.

Non è che sono cinesofilo, ma a volte sono i miei colleghi che ti fanno diventare così.